Nelle malattie autoimmuni, il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti sani dell’organismo, causando danni.
In pratica, si producono anticorpi che, anziché combattere le infezioni, attaccano cellule e tessuti sani.
Per questo motivo si parla di autoanticorpi.
ESEMPI DI MALATTIE AUTOIMMUNI
Esempi di malattie autoimmuni includono:
- la sclerosi multipla, in cui l’attacco autoimmune si rivolge alla mielina che riveste i neuroni del sistema nervoso centrale;
- l’artrite reumatoide, in cui il sistema immunitario attacca la membrana sinoviale che riveste le articolazioni;
- le malattie infiammatorie intestinali, in cui anticorpi anomali aggrediscono il tratto gastrointestinale provocando infiammazione;
- il diabete di tipo 1, nel quale il danno autoimmune interessa le cellule pancreatiche deputate alla sintesi di insulina;
- la psoriasi, in cui il sistema immunitario si iperattiva a livello cutaneo stimolando la proliferazione delle cellule epidermiche;
- la vitiligine, caratterizzata da un attacco autoimmune alle cellule della pelle che producono melanina.
Negli ultimi decenni si è osservata una crescente incidenza di malattie autoimmuni, con un’alta prevalenza nei paesi occidentali 1.
Secondo un recente rapporto inglese, per diverse condizioni autoimmuni, l’incidenza nel Paese è in aumento tra il 3% e il 9% l’anno 2. Ciò comprende:
- 7,0% di aumento annuo di malattie reumatiche come l’artrite reumatoide;
- 6,3% di aumento delle condizioni endocrinologiche come il diabete di tipo 1;
- un aumento del 3,7% di quadri neurologici come la sclerosi multipla;
- un aumento maggiore registrato per la celiachia, pari a circa il 4-9% all’anno.
Sebbene siano stati identificati fattori di rischio genetici predisponenti, la comparsa di molte malattie autoimmuni coinvolge anche fattori ambientali. A tal proposito, sono stati proposti numerosi fattori scatenanti, tra cui:
- stress;
- dieta occidentale, con alterazioni della normale “barriera intestinale”;
- mancanza di esercizio fisico;
- sonno insufficiente;
- fumo;
- obesità;
- infezioni.
Prove crescenti suggeriscono che una “tipica dieta occidentale“, ricca di grassi saturi, grassi trans, cereali raffinati, zuccheri e sale, può avere un profondo impatto sulle risposte immunitarie locali e sistemiche in condizioni fisiologiche e autoimmuni.
Da notare che il consumo di “cibo occidentalizzato” è già stato chiaramente associato a una crescente prevalenza di varie altre malattie, come patologie cardiache, cancro (soprattutto al colon), obesità e diabete.
L’intestino permeabile, noto anche come aumento della permeabilità intestinale, è una condizione digestiva in cui l’intestino perde parzialmente la sua funzione “barriera”. Di conseguenza, non solo i nutrienti, ma anche antigeni, batteri e tossine riescono ad attraversare la parete intestinale entrando nel sangue.
Alcune ricerche suggeriscono che, negli individui sensibili, il danno alla barriera intestinale potrebbe innescare lo sviluppo di malattie autoimmuni.
A sua volta tale danno può essere indotto da molti fattori, come la dieta, lo stress o i farmaci, ed è spesso associato alla cosiddetta disbiosi. Una conseguenza comune della disbiosi è l’alterazione del sistema immunitario della mucosa che porta a un aumento dell’infiammazione intestinale e ad alterazioni dell’immunità locale.
Del resto, il microbiota intestinale è strettamente connesso al sistema immunitario e altamente coinvolto nei processi di regolazione immunitaria.
Dieta come Prevenzione e Trattamento
È stato dimostrato che una “dieta occidentale” aumenta l’infiammazione e potrebbe influenzare negativamente l’omeostasi immunitaria intestinale.
Al contrario, le diete ipocaloriche a base di frutta, pesce e verdura sottoregolano le molecole proinfiammatorie e ripristinano o mantengono un sano microbiota intestinale simbiotico .
Diete Antinfiammatorie
Un tema caldo sul fronte delle malattie autoimmuni è il ruolo che l’infiammazione cronica, presente in molte di queste malattie, svolge nel loro sviluppo.
L’infiammazione cronica è infatti strettamente legata alla risposta immunitaria disreattiva che accompagna le patologie autoimmuni.
In generale, una dieta in grado di controllare l’infiammazione è una dieta sobria e priva di eccessi (lieve restrizione calorica), con un’elevata assunzione di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce, olio d’oliva come condimento, latticini poveri di grassi e antiossidanti.
La dieta mediterranea rappresenta in tal senso un eccellente modello a cui ispirarsi, poiché apporta un certo numero di nutrienti immunomodulatori come i polifenoli e i grassi omega 3.
Protocollo Autoimmune (AIP)
La dieta AIP si concentra sull’eliminazione degli alimenti che possono causare disbiosi e alterare la permeabilità dell’intestino, sostituendoli con cibi densi di nutrienti che si ritiene promuovano la salute intestinale.
Alcuni studi preliminari suggeriscono che la dieta AIP potrebbe aiutare a ridurre l’infiammazione e i sintomi da essa causati. Piccoli studi riportano ad esempio effetti benefici nelle persone con malattie autoimmuni intestinali e tiroidite di Hashimoto .
Tuttavia, le prove scientifiche sono limitate e i ricercatori avvertono che sono necessari studi più ampi e rigorosi.
PRIMA FASE – FASE DI ELIMINAZIONE
Nella prima fase si segue una dieta estremamente elementare, priva di tutti quegli alimenti che possono alterare l’immunità innata, influenzare la funzione di barriera e/o provocare disbiosi.
La fase di eliminazione è seguita da una fase di mantenimento, la cui durata può variare da individuo a individuo, fino a raggiungere un miglioramento misurabile dei sintomi e del benessere generale.
La durata di questa prima fase è quindi variabile. In media, la maggior parte delle persone mantiene questa fase per 30-90 giorni, ma alcuni pazienti possono notare miglioramenti già nelle prime 3 settimane.
La logica è quella di evitare cibi, additivi o farmaci (ad es. farmaci antinfiammatori non steroidei) che possono scatenare infiammazioni intestinali, disbiosi e/o intolleranza alimentare sintomatica.
È importante capire che seguire la dieta AIP a lungo termine può portare a carenze nutrizionali che possono causare altre complicazioni. In tal senso, questa dieta risulta generalmente controindicata a donne in gravidanza o allattamento, e a pazienti malnutriti o sottopeso.
Alimenti da Mangiare e da Evitare
Cibi da Evitare | Cibi da Mangiare |
Dovrebbero essere evitati anche tabacco e alcuni farmaci, come i farmaci antinfiammatori non steroidei (come ibuprofene, naprossene, diclofenac e aspirina) 16, ovviamente dopo consulto medico. |
Andrebbero corretti anche altri fattori che possono indurre un miglioramento, come il sonno e la sua qualità, la gestione dello stress e l’attività fisica. |
SECONDA FASE
FASE DI REINTRODUZIONE
Una volta che si verifica un miglioramento misurabile dei sintomi e del benessere generale, può iniziare la fase di reintroduzione.
In questa fase, gli alimenti evitati vengono gradualmente reintrodotti nella dieta, uno alla volta, in base alla tolleranza della persona. In questo modo, soltanto i cibi che non scatenano i sintomi possono essere reinseriti stabilmente nella dieta.
Durante questa fase, gli alimenti devono essere reintrodotti uno alla volta, aspettando almeno 5-7 giorni prima di reintrodurre un alimento diverso. Quest’arco di tempo è necessario per capire se l’alimento appena introdotto causa sintomi e disturbi.
Per evitare fattori confondenti, è meglio evitare di reintrodurre alimenti in circostanze particolari che possano esacerbare i sintomi, come periodi stressanti dal punto di vista fisico o psichico e carenza di sonno.
La reintroduzione degli alimenti andrebbe fatta per gradi, iniziando con quelli che hanno meno probabilità di provocare una reazione.
Ad esempio, per quanto riguarda i latticini, è bene iniziare la reintroduzione con quelli poveri di lattosio, come i formaggi duri stagionati e i latticini fermentati.
Similmente, per quanto riguarda i cereali e gli pseudocereali, è bene iniziare la reintroduzione con quelli senza glutine (amaranto, mais, quinoa, riso, sorgo, grano saraceno) e avena.
Come reintrodurre i cibi
- Si sceglie quale cibo reintrodurre. Si pianifica di mangiare questo alimento alcune volte al giorno nel giorno del test, quindi evitarlo completamente per 5-6 giorni.
- La prima volta che si mangia questo cibo, mangiarne solo mezzo cucchiaino e attendere quindici minuti per vedere se si ha una reazione.
- Se si nota qualche sintomo, terminare il test ed evitare questo alimento. In assenza di sintomi, mangiare una porzione leggermente più grande, come 1 cucchiaio e mezzo, dello stesso cibo e controllarne i sintomi per 2-3 ore.
- Se si verificano sintomi durante questo periodo, terminare il test ed evitare questo alimento. Se non si nota alcun sintomo, mangiare una porzione di cibo di dimensioni normali, dopodiché evitarlo per 5-6 giorni.
- Fare attenzione a eventuali sintomi durante questi 5-6 giorni e non reintrodurre altri alimenti durante questo periodo.
- Se non si verificano sintomi per 5-6 giorni, è possibile reintrodurre stabilmente l’alimento testato nella propria dieta.
- Ripetere questo processo di reintroduzione con un nuovo alimento.
Le notizie di cui sopra rivestono caratteri generali e non hanno intenzione di sostituirsi ai consigli e prescrizioni del Medico di fiducia o dello specialista.
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Progetto “Prevenzione è Salute”
Responsabile dr Cosmo Sammarra