
Un DIA è una comunicazione tra gli atri a livello del setto; deve essere distinto dalla pervietà di tipo valvolare del forame ovale, che talora persiste fino all’età adulta.
I DIA possono essere suddivisi sulla base della sede anatomica in:
- Difetti della fossa ovale (tipo ostium secundum): interessa classicamente la regione della fossa ovale ed è il tipo più comune (70%). Un lembo di setto interatriale separa il margine inferiore del difetto dalle valvole atrioventricolari. Non è rara l’associazione con il drenaggio venoso polmonare anomalo parziale, con una o più delle vene polmonari destre che drenano in atrio destro o in un altro vaso tributario di quest’ultimo.
- Difetto interatriale tipo ostium primum (canale atrio-ventricolare parziale): deriva da una incompleta fusione tra il septum primum, che origina dalla parete superiore dell’atrio, ed i cuscinetti endocardici, che contribuiscono a formare il piano atrio-ventricolare. L’alterato sviluppo di tali cuscinetti può portare anche ad una fissurazione (cleft) del lembo anteriore della mitrale.
- Difetti del seno venoso: 1) tipo vena cava superiore: si verifica a livello della giunzione cardiaca della VCS, dando origine a una VCS connessa ad entrambi gli atri e quasi sempre associata ad anomalie dei ritorni venosi polmonari (destro >> sinistro). 2) Tipo vena cava inferiore: sono rari e sono a ridosso della giunzione della VCI, al di sotto della fossa ovale.
- Difetti del seno coronarico: sono rari e derivano da una pervietà nella parete del seno verso l’atrio sinistro con conseguente shunt interatriale sin-dx.
La maggior parte dei bambini si considera asintomatica ed è considerata tale dai familiari. Probabilmente la maggior parte di essi ha una lieve diminuzione della resistenza allo sforzo. Attorno ai 20 anni cominciano ad essere riferiti sintomi di lieve affaticamento e dispnea e almeno i tre quarti degli adulti sono chiaramente sintomatici. L’insufficienza cardiaca congestizia è rara nell’infanzia, ma alcuni bambini, forse il 5%, manifestano insufficienza cardiaca nel primo anno di vita. L’insufficienza diviene di nuovo comune nella quarta e quinta decade di vita e di solito è associata con la comparsa di aritmie.
Sotto il profilo clinico la malattia si caratterizza, in genere, per la presenza di un soffio mesosistolico a diamante 2-3/6 sul focolaio polmonare, espressione di un incremento della gittata del ventricolo destro e di una stenosi polmonare relativa, per lo sdoppiamento fisso del secondo tono, per un soffio protodiastolico da iperafflusso transtricuspidale, per un volume cardiaco lievemente aumentato con arco medio sinistro saliente alla radiografia del torace e per un blocco di branca destro incompleto all’elettrocardiogramma. Un elettrocardiogramma normale, tuttavia, è presente nel 15-20% dei casi. Mentre sono da tutti accettati ed accertati i benefici della correzione del difetto interatriale in età pediatrica (l’epoca ideale per la correzione è l’età prescolare), in quanto, la chiusura determina la normalizzazione dell’anatomia e della funzione cardiaca, ricostituendo una normale aspettativa di vita (32), esistono tuttora dubbi e controversie sulla effettiva utilità prognostica di chiudere, in ogni caso, il difetto interatriale soprattutto dopo i 40 anni (28,41-42). In generale vi è indicazione alla chiusura quando il difetto determina sovraccarico ventricolare destro con un rapporto tra la portata polmonare e la portata sistemica ≥ 1.5 (43).
La tradizionale chiusura chirurgica del difetto interatriale è sicura e con bassa incidenza di complicanze (44); i difetti vengono chiusi tramite sutura diretta; un difetto molto ampio o con bordi mal definiti viene chiuso con un patch, generalmente di tessuto autologo trattato con gluteraldeide. Attualmente la mortalità è inferiore all’ 1% e solo il 2% dei pazienti necessita di reintervento per shunt residuo. La prognosi a lungo termine dei pazienti operati è eccellente con il solo rischio, stimato in misura non trascurabile, di tachiaritmie sopraventricolari in età adulta e a distanza dall’intervento.
L’incidenza dei difetti interatriali, escludendo l’ostium primum del canale atrioventricolare parziale, varia tra il 6% e l’11% di tutte le malformazioni cardiache (26). Essi rappresentano circa il 10% delle cardiopatie congenite presenti alla nascita ed oltre il 40% di quelle diagnosticate dopo i 40 anni di età (27, 28). Il sesso femminile è interessato da questa malattia con una frequenza doppia rispetto al sesso maschile.
Dopo la valvola aortica bicuspide, il difetto interatriale è la più comune cardiopatia congenita riscontrabile in età adulta (29). Il difetto più frequente (2/3 dei casi) è l’ ostium secundum (“tipo fossa ovale”).
Nei figli di genitori portatori di difetto interatriale, l’incidenza della malformazione è 37 volte superiore a quella della popolazione in generale (30). La ricorrenza per trasmissione materna è del 4-5%, quella paterna dell’1.5% (31).
Dagli studi, non numerosi, riguardanti la storia naturale del difetto interatriale si evidenzia che la mortalità entro il primo anno di vita è appena dello 0.1%. La quasi totalità dei pazienti raggiunge la prima e la seconda decade di vita, in genere in pieno benessere(28). Poiché il difetto è più frequente nel sesso femminile, è utile segnalare che le gravidanze sono, di solito, ben sopportate.
L’assenza o la scarsità di sintomi può indurre a ritardare la diagnosi in qualche caso fino ad età avanzata (32). Dopo la terza decade di vita, tuttavia, è più frequente la comparsa di aritmie atriali, rappresentate prevalentemente da episodi parossistici di fibrillazione atriale, con tendenza, nel tempo, alla cronicizzazione (33,34).
La mortalità, anche per difetti interatriali molto ampi, non è superiore al 25%. Le complicanze potenzialmente letali, quali l’ipertensione polmonare e lo scompenso cardiaco, tendono a manifestarsi molto tardi per cui non è escluso che concomitanti cause non cardiache possano, infine, essere responsabili del decesso di questi pazienti (35). Le lesioni del letto arteriolare polmonare, da iperafflusso polmonare cronico, raramente raggiungono il grado di vasculopatia polmonare irreversibile.
Alla relativa benignità assegnata alla storia naturale di questa malattia si contrappongono alcune rare eccezioni, caratterizzate dalla comparsa di scompenso cardiaco già nei primi anni di vita (36). Si ritiene che l’insorgenza di scompenso cardiaco precoce sia dovuto non all’entità dello shunt ma ad alterazioni extracardiache, che possono interessare il polmone, il sistema nervoso e l’apparato gastrointestinale (37).
Entro il primo anno di vita, è possibile assistere anche alla chiusura spontanea del difetto con una incidenza valutata tra il 14% ed il 22% (38,39). Ciò può avvenire solo per difetti con diametro inferiore ad 8 millimetri (40).
Gli aspetti fisiopatologici dipendono, soprattutto, dall’entità dello shunt, dalla durata della sua persistenza e dalla reazione del letto vascolare polmonare. Nei difetti ampi, con significativo shunt sinistro-destro, l’atrio destro ed il ventricolo destro vanno incontro a dilatazione per sovraccarico di volume. Si ha aumento della gittata polmonare, ma non delle pressioni polmonari che rimangono quasi sempre basse. Raramente, anche nelle forme inveterate dell’adulto, si sviluppano vasculopatia ed ipertensione polmonare.
La storia “innaturale” (postchirurgica) del difetto interatriale è fortemente condizionata dall’età alla correzione. Se la chiusura del difetto viene eseguita nei primi anni di vita, o nell’adolescenza, la sopravvivenza è del tutto sovrapponibile a quella di una popolazione normale di controllo. La chiusura del difetto in età giovanile (prima dei 25 anni) ricostituisce, comunque, una normale aspettativa di vita. Al contrario la sopravvivenza a lungo termine nei pazienti operati fra 25 e 40 anni è buona ma inferiore a quella della popolazione generale e la mortalità tardiva risulta significativamente aumentata in pazienti con età all’intervento ≥ 40 anni. In pazienti operati tardivamente, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale ed embolie cerebrali sono riportate con un’incidenza significativamente aumentata(32,44). In assenza di intervento l’attesa di vita è inferiore a quella della popolazione generale, ma la sopravvivenza si protrae, comunque, fino all’età adulta. Con il passare del tempo, l’intervento acquista sempre più il carattere di “intervento palliativo” (47).
CHIUSURA PERCUTANEA
La prima esperienza di chiusura del difetto interatriale ostium secundum, in corso di cateterismo cardiaco, risale al 1974(1,2). Nonostante il fiorire di numerosi nuovi sistemi di occlusione, l’esperienza clinica è rimasta a lungo limitata(3-17). La chiusura transcatetere è, oggi, da tutti ritenuta sicura ed efficace tanto da poterla considerare non più un’alternativa alla tradizionale chirurgia, ma metodica di prima scelta nella chiusura del difetto interatriale ostium secundum.
E’ suscettibile di chiusura percutanea transcatetere il difetto interatriale ostium secundum “tipo fossa ovale” (Figg.1,2).
Le indicazioni alla chiusura sono le stesse della chirurgia. Possono essere chiusi, con il dispositivo di Amplatz, difetti anche molto ampi (diametro “stretched” fino a 40 mm), purchè con caratteristiche anatomiche favorevoli: distanza tra margine del difetto (rim) e vena polmonare superiore destra, seno coronarico, vena cava superiore, vena cava inferiore e valvole atrioventricolari di almeno 5 mm.
Le controindicazioni alla chiusura percutanea sono:
- Anomalie associate che richiedono chirurgia
- Assenza dei rims settali superiore ed infero-posteriore
- Difetti multipli ed ampi
- Distorsioni dell’anatomia atriale
- Trombosi atriale, trombosi vena cava inferiore
- Endocardite, ogni infezione < 1 mese dalla procedura
- Neoplasie con aspettativa di vita inferiore a 3 anni
- Impossibilità ad ottenere il consenso informato
Presso lo studio si può prenotare:
- Visita cardiologica pediatrica completa
- Ecocardiografia pediatrica
- ECG pediatrico
- Consulto per un II° parere
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